Gli “Incontri di Musica Sacra Contemporanea”

“Mi diranno che non sono un’artista e tanto meno un musicista

perché ho fatto qualcosa di cui non so rendere pienamente conto,

di cui sono io stesso poco consapevole.

Io so solo che mi sono sforzato di cantare, per me e per gli altri,

quanto sia bello non sentirsi soli nell’universo.”

Sandro Gindro, “La torre di Babele”

 

Gli Incontri di Musica Sacra Contemporanea, sono stati indissolubilmente legati al nome di Sandro Gindro fin dalla prima edizione (Settembre 1988). La loro genesi e sviluppo mettono in luce un aspetto fondamentale della poetica di Sandro Gindro: la sacralità e la presenza della divinità nell’arte. Queste manifestazioni hanno avuto il merito di rendere esplicito il rapporto che necessariamente si stabilisce tra arte e sacralità; “rapporto” che “viene oggi quasi vergognosamente rimosso”[1]; sacralità che “quando non è esplicita scelta esistenziale, e confessionale, viene considerata come imperdonabile ingenuità e debolezza”[2].

Gli Incontri hanno contribuito alla diffusione della musica contemporanea, pressoché sconosciuta fino a quel momento al grande pubblico, grazie all’intervento di autori (anche con prime esecuzioni assolute) che rappresentano la storia della musica moderna quali Bruno Bettinelli, Ennio Morricone, Roman Vlad, Boris Porena, Goffredo Petrassi, Virgilio Mortari (questi ultimi due anche nella vesta di Presidenti Onorari della Prima e della Seconda Edizione).

Non solo: nelle dieci edizioni si sono avvicendati, nell’esecuzione e nella composizione, giovani musicisti e compositori italiani e stranieri, che anche grazie a tali occasioni, hanno trovato importanti affermazioni musicali. Gli Incontri videro la loro prima realizzazione nel 1988 da un’idea di Sandro Gindro, che ne curò la direzione artistica fino alla sua scomparsa.

L’esigenza che ha spinto Gindro alla creazione della manifestazione va individuata non solo nell’impegno personale di testimoniare il sacro attraverso il linguaggio musicale, ma anche chiamando allo stesso compito altri compositori da ogni parte del mondo. Di fatto gli Incontri videro la luce in un momento storico ben preciso in cui le basiliche e le chiese, divenivano sedi “di manifestazioni artistiche, limitate sempre al loro carattere di spettacolo”[3], come se lo spettacolo e “la sua conseguente trasformazione in prodotto culturale o – nei peggiori dei casi – in merce, liberasse le coscienze dell’imbarazzo della religiosità”[4]. Punto fondamentale era l’esigenza da parte dei musicisti, esecutori e compositori, di interrogarsi attraverso la musica, accettando di affrontare il tema del sacro riconoscendolo come essenza del loro fare artistico. Questa accettazione della sacralità deve essere letta “oltre ogni riduzione alla confessionalità, perché non c’è comunque laicismo possibile nell’arte, anche nel più agnostico degli artisti, come non può mancare il concetto di divino nel più ateo degli uomini.”[5]

Per Sandro Gindro l’arte reca già in sé tutta la sacralità possibile, poiché “Dio è nell’arte e parla attraverso di essa. Il Dio di tutte le epoche, in cui credono anche coloro che lo negano.”[6]

Altrettanto vero è però che “di fatto la musica sacra, come tale, non esiste, perché ha in realtà troppo spesso bisogno di parole che le conferiscano quel particolare genere di carisma che è pertinente alla religione (…)”[7]. Definire la “musica sacra” diviene tema di notevole importanza per Gindro, dal momento che si trovava a ricoprire il duplice ruolo di compositore e di Direttore Artistico degli Incontri. Come Direttore Artistico, stabilire la pertinenza al sacro risultava essere un punto fondamentale, poiché avrebbe influito e precisato la scelta dei compositori ai quali chiedere di collaborare con la proposta di un brano musicale.

Considerando che “tutti il linguaggi hanno una loro dignità”[8] e precisando anche la riluttanza nell’” indagare sulla religiosità degli artisti, su quanto siano osservanti di una qualche confessione”[9], Sandro Gindro opta per una scelta “esclusivamente musicale ed estetica”[10], ponendo attenzione all’onestà intellettuale dell’artista. Considerando quindi che “per una serie di ragioni che dipendono anche dalla nostra cultura e dell’inconscio sociale, si è accettato (…) che si faccia molto spesso ricorso alla parola”[11], “la presenza di una qualunque parola, nel titolo o nel testo, attraverso la quale l’autore dichiari la sua intenzione”[12] diviene la condizione necessaria sufficiente per la scelta dei brani. Sandro Gindro afferma convinto che “anche solo una parola basta ad esprimere tutta la sacralità di un’opera musicale”[13] questo perché, ritornando alla definizione gindriana di arte e di musica “la musica più di qualsiasi forma artistica è di per sé un’espressione sacra di arte”[14], “la musica attinge direttamente alle fonti della divinità”[15]. D’altro canto la musica, per la sua doppia valenza di universalità e ambiguità “è un linguaggio che può esprimere (con meno reticenze di altri mezzi di comunicazione e di espressione artistica) tutto il bisogno che l’uomo ha di riappropriarsi del suo rapporto con il divino”[16] La “parola” però va intesa e diviene anche gesto coraggioso in quanto “inchioda alle proprie responsabilità e non permette estetici infingimenti.”[17] La musica, quindi, è per Gindro sempre “sacra” poiché “Dio stesso è essenzialmente musica”[18]. La “musica sacra” diviene opera d’arte “quando si fonde con le parole in una unità che rende le parole stesse espressione sonora e trasforma la musica in professione di fede, così che tutto divenga soltanto musica.”[19] Quindi non solo l’arte “non deve scindere l’immanente dal trascendente”, ma deve anche essere in grado di “costruire un canone su parolacce sconce con la stessa sublime grandezza con cui sa invitare gli uomini ad esultare a giubilare perché Dio è presente.”[20] Questo aspetto risulta fondamentale nella poetica di Gindro poiché “se l’arte rifiuta il sacro, si riduce a fragile involucro, presuntuoso, volgare, triste ed osceno. Non è più arte.”[21] Il vero compito è dunque quello di “ricercare Dio e mostrarlo agli uomini.”[22] La sacralità è per Gindro un’esigenza umana che va riscoperta poiché assume valore salvifico divenendo elemento fondamentale “su cui costruire le ragioni per vivere insieme, superando le barriere poste dalla diversità dei linguaggi, siano essi artistici propri della nostra cultura, siano quelli propri di ambiti espressivi appartenenti a differenti aree culturali.”[23]

Gli Incontri di Musica Sacra Contemporanea divengono quindi non solo dimostrazione del ricco patrimonio musicale contemporaneo internazionale, e testimonianza di linguaggi diversi e diverse concezioni del sacro, ma anche “eco dell’impegno sociale rivolto ai temi connessi con le migrazioni e l’incontro tra culture”[24].

“(…) Ogni musicista dice quello che pensa con un linguaggio proprio e spesso le sintassi di questi linguaggi sono profondamente diverse: io ho voluto unire queste diversità nella speranza che ciascuno ritrovi nel linguaggio che sente più vicino la stessa voglia di pace. Se la mia è un’illusione, sono contento di esser un illuso.”[25]

Note:

[1][2][3][4][5] Rossi, R.: Senza Pudori, dal programma di sala degli Incontri di Musica Sacra Contemporanea, edizione 1988, pag. 14

[6] Gindro, S.: Non la pace, ma la spada, dal programma di sala degli Incontri di Musica Sacra Contemporanea, edizione 1988, pag. 17

[7][8][9][10] Gindro, S.: La torre di Babele, dal programma di sala degli Incontri di Musica Sacra Contemporanea, edizione 1989, pag. 17

[11][12][13][14][15] Gindro, S.: Una Parola, dal programma di sala degli Incontri di Musica Sacra Contemporanea, edizione 1990, pag. 17

[16] Rossi, R.: Una sola città, dal programma di sala degli Incontri di Musica Sacra Contemporanea, edizione 1989, pag. 16

[17] Gindro, S.: La torre di Babele, dal programma di sala degli Incontri di Musica Sacra Contemporanea, edizione 1989, pag. 17

[18][19] Gindro, S.: Una Parola, dal programma di sala degli Incontri di Musica Sacra Contemporanea, edizione 1990, pag. 17

[20][21][22] Gindro, S.: Non la pace, ma la spada, dal programma di sala degli Incontri di Musica Sacra Contemporanea, edizione 1988, pag. 17

[23][24] Allamprese, G.: Poesia e Politica nel ‘Messere Santo Francesco D’Assisi’, dal programma di sala degli Incontri di Musica Sacra Contemporanea, edizione 2005, pag. 16

[25] Gindro, S.: Non la pace, ma la spada, dal programma di sala degli Incontri di Musica Sacra Contemporanea, edizione 1992, pag. 20