AMBIT – Adaptive Mentalization Based Integrative Treatment del prof. M. Dangerfield

Presentato a Barcellona il metodo Ambit – Adaptive Mentalization Based Integrative Treatment,  un approccio innovativo per la presa in carico dei minori affetti da gravi disturbi psicopatologici.

 

In occasione del secondo incontro transnazionale organizzato nell’ambito del progetto “Fact for Minors”, il prof. Mark Dangerfield* presenta un modello di lavoro innovativo per il trattamento e la cura di minori ed adolescenti con gravi disturbi psicopatologici.

 

Sempre più, i diversi servizi coinvolti nella presa in carico dei minori affetti da grave disturbo psicologico/psichiatrico si interrogano su come attivare interventi integrati di assistenza e tutela, capaci di coordinare saperi e professionalità diverse e di soddisfare i bisogni complessi di tali soggetti.

Anche a latitudini diverse, le domande sono sempre le stesse: come affrontare il complesso tema della tutela e dell’assistenza del minore autore di reato in condizione di grave disturbo e disagio mentale? Come coordinare e gestire il multiforme sistema di attori coinvolti nella presa in carico di tali minori? In breve, quale il migliore approccio capace di rispondere alle esigenze del target considerato?

Nel tentativo di trovare risposte a tali domande e cogliendo l’opportunità offerta dal progetto europeo Fact for Minors – Fostering Alternative Care for Troubled minors”, un team di ricercatori provenienti da 5 Paesi europei (ES, PT, DE, FL, IT) è impegnato nella ricerca e sperimentazione di nuovi modelli operativi d’intervento per la cura ed il trattamento di minori autori di reato affetti da disturbi psicologici e/o psichiatrici. Il progetto difatti, si pone l’obiettivo generale di aumentare l’efficienza del sistema di protezione, migliorare le procedure e i percorsi di presa in carico e trattamento nonché di rafforzare la cooperazione multi-agenzia attraverso l’identificazione e la sperimentazione di nuovi modelli gestionali.

L’incontro tenutosi a Barcellona nelle giornate del 18 e 19 Maggio 2017  è stato l’occasione per attivare un confronto transnazionale in merito ai primi risultati ottenuti dalle attività di ricerca condotte dai partner di progetto. Inoltre, nell’ottica di una riflessione ad ampio raggio che permetta, nonostante le differenze territoriali, un’ottimizzazione delle prassi, sono stati coinvolti alcuni esperti sul tema, i quali hanno illustrato i diversi approcci adottati per la cura ed il trattamento dei minori autori di reato con disturbo psicopatologico nei diversi contesti europei.

Nella varietà di approcci valevoli esaminati, un illuminante contributo ci è stato fornito dal prof. Mark Dangerfield (University Insitute of Mental Health –  Ramon Llull University  Barcellona). L’intervento del prof. Dangerfield si è concentrato sull’esposizione dell’approccio A.M.B.I.T. (Adaptive Mentalised Based Integrative Treatment), un modello di lavoro utilizzato nelle terapie a contatto con adolescenti in condizioni di grave disturbo  e disagio mentale. Il modello Ambit, dalla definizione che ne dà il prof. Dangerfield, “it’s an approach for working with young people with complex problems and poor relationship to help”. Inoltre, “the approach of AMBIT is to train and support a network of fieldworkers who can give accessible, approachable and most importantly immediate help to young persons in crisis. It offers a innovative integrative outreach mental health practitioner which is specialised in multiple treatment methods and is supported by a close and robust supervisory structure. “ L’aspetto più innovativo del metodo AMBIT è da rintracciarsi nel fatto che,  “AMBIT reduces the number of professionals directly involved with the case, so there is the idea of a “Front Runner” that works, also outreaching in the direct environment of the client and his family and confronts himself using this colleagues in supervision to remain “on track” and focusing on maximising the productivity of the therapeutic relationship”. In altre parole, AMBIT si propone come un nuovo modello per l’organizzazione dei servizi coinvolti nella presa in carico di casi particolarmente complessi: un modello in cui si riduce il numero di professionisti direttamente coinvolti nella cura del paziente attraverso l’individuazione di un “responsabile principale”, un professionista impegnato in prima linea con una funzione di raccordo e coordinamento delle diverse professionalità impegnate nella cura e nel trattamento del caso.

Il concetto teorico alla base dell’approccio proposto è  quello della “mentalizzazione”, termine introdotto da Peter Fonagy e  sviluppato in un vasto contesto di studi empirici sui processi sottesi alla trasmissione transgenerazionale dell’attaccamento presso l’Anna Freud Centre di Londra. Nella ricerca più attuale difatti, il concetto di mentalizzazione ha profondamente influenzato la teoria e la pratica della psicoterapia sino a diventare un modello  di riferimento per la cura ed il trattamento di adolescenti con disagio psicologico e/o disturbo psichiatrico. In estrema sintesi, la mentalizzazione  può essere definita come “un processo mentale con cui un individuo – implicitamente ed esplicitamente – interpreta le proprie azioni personali e quelle degli altri come significative sulla base di stati mentali intenzionali, quali desideri personali, bisogni, emozioni, credenze e ragioni”. Il concetto di mentalizzazione si riferisce dunque alla capacità immaginativa, rappresentazionale e preconscia di concepire se stessi e gli altri come dotati di stati mentali in grado di influenzare il comportamento.

Da queste premesse si sviluppa il modello di trattamento  di cui ci occupiamo, che sta riscuotendo una grande fortuna e diffusione nel campo delle scienze psicologiche: un approccio in cui la costruzione di un’esperienza relazionale fra paziente e terapista assume un ruolo fondamentale che permette all’adolescente di essere contenuto psicologicamente a fronte di stati affettivi altrimenti intollerabili.  Lo sviluppo della capacità di mentalizzare è quindi un processo interpersonale che attraverso il rispecchiamento emotivo, l’attenzione condivisa e l’interazione educativa tra terapista e giovane paziente permette allo stesso di ri-costruire gradualmente un sé interiore, dotato di sentimenti e di pensieri propri.

Come si accennava, tale approccio ha trovato larga applicazione specie nella cura dei casi particolarmente difficili, per i quali si rende necessaria un’organizzazione dei servizi estremamente complessa ed articolata.  Un esempio è dato dall’ Hospital de dia Adolescents (HDA Badalona – Fundació Vidal i Barraquer http://www.fvb.cat/)  un centro di neuropsichiatria infantile che offre servizi di cura e trattamento per adolescenti con gravi disturbi psicopatologici. L’adozione del metodo AMBIT all’interno di tale contesto ha permesso di raggiungere eccellenti risultati nel lavoro a contatto con i minori e giovani adulti, anche in termini di strategia organizzativa e coordinamento dei diversi servizi preposti.

 

Per ulteriori approfondimenti:

 

 

 

 

 

 

*: Mark Dangerfield , Clinical Psychologist, Psychotherapist and Psychoanalyst (IPA) – Day Hospital for Adolescents – Fundació Vidal i Barraquer – University Institute of Mental Health – Ramon Llull University (Barcelona) – AMBIT Trainer – Anna Freud National Centre for Children and Families ; http://www.annafreud.org